Presidente FNOMCeO: tutti insieme il 28 novembre per il nostro SSN

Caro Collega
Le vicende legate al terrorismo ci hanno turbato, ma mai come oggi hanno ancora di più rinforzato il nostro impegno e la nostra determinazione nel continuare una battaglia di civiltà per il diritto di accesso alle cure, per il diritto di avere pari opportunità su tutto il territorio nazionale, per il diritto di preservare un SSN che è sempre più allo stremo nella sua risorsa fondamentale: i professionisti della salute. Questo è un impegno per la Democrazia, i Medici devono essere in prima fila per questa battaglia dei Diritti ma esiste anche il versante dei Doveri ed oggi Ti chiedo la Partecipazione e la Responsabilità; Partecipazione nel condividere con la Professione il percorso che la FNOMCeO sta svolgendo, Responsabilità nell’assumere come Cittadino e come Professionista un ruolo di mediazione e di corretta comunicazione nei confronti della popolazione. Ognuno di noi, nella quotidianità del proprio lavoro, può tentare di ricomporre il puzzle di un Paese che ha bisogno anche dei Medici per tenere unito il suo tessuto sociale.

Ti aspetto a Roma il 28 novembre in Piazza SS Apostoli 

Roberta Chersevani 

Comunicato Omceo Cuneo. Preoccupazione per le affermazioni del Ministro Giannini

La commissione studenti dell’Omceo Cuneo e lo stesso Ordine di Cuneo si dichiarano perplessi di fronte alle recenti affermazioni del Ministro Giannini sull’abolizione del test d’ingresso a medicina e sulla nuova probabile modalità, non ancora però chiarita. Quello cui ci battiamo da tempo è che rimanga una selezione e che tale selezione avvenga sulla base della valorizzazione delle qualità mediche e vocazionali. Esortiamo pertanto i giovani e gli studenti a non cadere in queste trappole demagogiche e ad informarsi sul rischio che si incorre a sostenere e a credere a queste affermazioni, che riteniamo azzardate. Migliaia di medici neo-abilitati non avranno la benchè minima possibilità di un contratto con il SSN per l’esiguità delle borse di specializzazione e per il fatto che stiamo affrontando un demansionamento continuo e progressivo della professione medica in favore delle professioni sanitarie, il che porterà al raggiungimento degli standard europei di 3.1 medici ogni mille abitanti e un rapporto di 1 medico ogni 16 infermieri nel SSN (per ora siamo a 3.7 medici ogni mille abitanti e numero di infermieri pari a quello medico). Il modello alla francese ha delle criticità che per noi sono importanti, in primo luogo logistiche, cioè ospitare 60.000 studenti al primo anno vorrebbe dire rivoluzionare i locali universitari in un periodo in cui le risorse sono esigue, inoltre abbiamo altri dubbi sulla selezione alla fine del primo anno, ossia quali sarebbero le modalità? Sempre sulle capacità logiche e cognitive e nozionistiche? Ma il medico è solo un condensato di capacità logiche e nozionistiche? O dovrebbe avere anche qualità vocazionali?

Sosteniamo invece che la selezione debba avvenire in maniera programmata in base alle vere necessità territoriali ed occupazionali, evitando che migliaia di giovani, dopo anni di sacrifici, si trovino senza un futuro lavorativo dignitoso.

Un governo che non si occupa di questo, cioè del futuro dei giovani, e non li tuteli adeguatamente, è un governo miope. Sostenere l’immanentismo ormai dilagante non può che denotare una incapacità del Governo stesso a programmare oltre i 3 anni danneggiando di conseguenza chi invece vorrebbe avere garanzie lungo termine.

Pertanto invitiamo la Ministra Giannini a prendere coscienza che una tale affermazione con connotati chiaramente demagogici, non fa altro che illudere migliaia di giovani.

Codice di Deontologia: un testo di cui occorre ricordare il valore giuridico, oltre che etico. Intervista a Luigi Conte, Segretario FNOMCeO

ConteLuigi Conte è intervenuto agli Stati generali della Medicina (Roma, 21 ottobre) con una relazione dal titolo “Il ruolo del medico nell’evoluzione della sanità per la cura delle persone”. Ai cambiamenti che, nel corso del tempo, hanno modificato competenze e responsabilità del medico, lasciando spazio a vuoti normativi che non agevolano l’esercizio della professione, vanno affiancati quelli del codice di deontologia: un testo di cui occorre ricordare il valore giuridico, oltre che etico. (A cura della redazione Media FNOMCeO)

Qual è il vuoto giuridico a cui il codice deontologico, secondo Lei, supplisce?
La professione del medico-chirurgo non dispone di un corpo di norme che ne definiscano i compiti. La riforma degli ordinamenti didattici universitari (Legge 341 del 19 novembre 1990) ha aperto la via alle lauree specialistiche in ambito sanitario. È seguito il riordino della disciplina in materia sanitaria (con Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502). Per poi arrivare, a partire dal 1994, alla definizione dei profili delle singole professioni sanitarie. Tuttavia alla voce “medico-chirurgo” non è stato associato nessun riferimento normativo: l’esercizio della professione manca di qualsiasi norma che si degni di definirne i compiti.

In che modo è cambiato il Codice deontologico?
Un tempo il codice deontologico era considerato un semplice regolamento interno, un insieme di regole per stabilire le norme di comportamento della professione, decise dalla “categoria” dei medici unicamente per se stessi. All’interno del codice, però, ci sono degli articoli che riguardano anche la salute pubblica. L’art. 3, per esempio, che stabilisce i doveri e le competenze del medico, esplicita chiaramente che il fine della professione è quello di “tutelare la salute individuale e collettiva”. Questo significa che il codice deontologico ha una connotazione di tipo pubblico, di tipo sociale.

Con quali conseguenze sul piano giuridico?
Anziché considerarlo, come si diceva prima, un regolamento interno alla professione, è la stessa Corte di Cassazione a riconoscergli una connotazione più ampia: giuridica, appunto. Anche perché il codice di deontologia si innesta su una legge dello Stato: risponde infatti alla legge che istituisce gli ordini e che stabilisce i relativi provvedimenti disciplinari (dall’avvertimento alla radiazione).
In Francia il codice di deontologia, scritto come in Italia dai medici, viene recepito dal governo e diventa un atto legislativo governativo. Da noi, visto che il codice è riconosciuto come un atto di interesse pubblico, il suo valore giuridico è implicito: lo assume automaticamente.

Esistono quindi delle sentenze che riconoscono il valore giuridico del codice?
Sì, ci sono delle sentenze che riconoscono questo valore. D’altra parte, chi voglia opporsi a una sanzione decretata dall’Ordine dei Medici deve rivolgersi alla Corte di Cassazione, la quale sarà chiamata a giudicare la congruenza della sanzione anche rispetto al codice di deontologia.

Il codice è un punto di riferimento anche rispetto al patto di fiducia con il paziente, che spesso si sente inascoltato. La mobilitazione può essere un’occasione perché medici e associazioni ristabiliscano un dialogo (nonché, di fronte agli interlocutori politici, degli obiettivi comuni)?
Questo è un passo irrinunciabile. Gli Stati generali della Medicina sono stati la prima mossa, per fare il punto tra professionisti, ma lo scopo è quello di allargare la collaborazione e il dialogo alle altre professioni sanitarie e quindi alle associazioni di volontariato, con alcune delle quali ci siamo già confrontati. Perché senza di loro non si va da nessuna parte. Noi non stiamo facendo una rivendicazione sindacale. Stiamo cercando di tutelare il diritto alla cura e il sistema sanitario nazionale. Anche in vista dello sciopero, medici e cittadini dovranno essere uniti in questa battaglia.


Intervista di S.Boggio

Riforma del Titolo V: storia, criticità e punti di forza

Featured imageIn occasione della giornata di convocazione degli Stati generali della Medicina, che si è svolta a Roma il 21 ottobre, il presidente dell’OMCeO di Torino Guido Giustetto è intervenuto con una relazione dal titolo “La riforma del Titolo V della Costituzione e le criticità della frammentazione in 21 sistemi regionali”.  Alcuni punti nell’intervista a cura di Sara Boggio (redazione Media FNOMCeO)

Il Titolo V è stato riformato, per la prima volta, nel 2001. Che cosa è successo da allora a oggi?
Da allora tra Stato e Regioni è iniziato un contenzioso perché le materie presenti nella legislazione concorrente sono diventate oggetto di discussione tra i due livelli, statale e regionale, e tale condizione ha determinato un pesante rallentamento delle decisioni operative. Per esempio, il piano vaccinale al momento è fermo, così come l’attuazione del patto per la salute, per il quale si attende che la Conferenza Stato-Regioni trovi un accordo. In secondo luogo, anche se non si può affermare che la riforma ne sia l’unica causa, di fatto a partire da allora si è verificato un aumento della spesa: le Regioni hanno speso più di quanto avessero a disposizione, da cui il problema dei piani di rientro. Infine, l’organizzazione dei Livelli Essenziali di Assistenza non è stata attuata in modo uniforme: prestazioni fondamentali come quelle afferenti le cure primarie, l’assistenza neonatale, nonché la gestione delle urgenze, sono presenti in misura sensibilmente diversa da una Regione all’altra.

Questo significa che le Regioni non sono state in grado di gestire in modo adeguato la maggiore autonomia?
La riforma del Titolo V del 2001 ha conferito alle Regioni un’autorità legislativa che legittimava scelte operative anche molto differenti. Il problema è che l’Italia ha sempre presentato notevoli differenze a livello territoriale: in un quadro che, già in partenza, era così diversificato, il Sistema Sanitario Nazionale esercitava un ruolo di riequilibrio, così che nascere in una Regione piuttosto che in un’altra non implicasse una profonda differenza di rischi per la salute nel corso della vita.
Nel testo L’equità della salute in Italia. Secondo rapporto sulle diseguaglianze sociali in sanità [AA.VV., Franco Angeli Editore 2014 – N.d.R.] emerge un dato interessante: alla fine degli anni ’90 l’aspettativa di vita era maggiore nelle Regioni del sud che al nord. Negli anni a seguire si è verificata un’inversione di tendenza. Di certo i fattori che possono aver concorso a determinarla sono molteplici, ma è chiaro anche che la capacità del Servizio Sanitario Nazionale di livellare differenze come queste è venuta meno.

La nuova proposta di riforma del titolo V contiene, secondo Lei, alcune novità positive. Quali sono?
Una novità positiva fondamentale è che tutta la parte relativa alla legislazione concorrente è stata eliminata. Un altro elemento molto importante è il ripristino della tutela della salute tra le competenze dello Stato, nonché la reintroduzione della parola “salute”, che nel testo precedente era rimasta soltanto nella parte relativa alle Regioni. Rimane ancora un’ambiguità, invece, laddove si parla di “diritti sociali e civili” ma non “sanitari”. Tuttavia nell’articolo che riguarda i compiti delle Regioni, cui spetta la capacità legislativa per l’organizzazione delle prestazioni, si dice chiaramente che “le norme generali e comuni sulla tutela della salute sono in capo allo Stato”.

Durante il suo intervento ha parlato della “trappola della povertà”, paragonando provocatoriamente l’Italia all’Africa sud-sahariana. Ci spiega?
Diversi anni fa un numero del «Lancet» dedicò un approfondimento alla salute nei Paesi a basso reddito, e uno dei temi portanti era proprio questo: la trappola della povertà. Si tratta di un concetto molto importante perché inverte l’idea comune secondo cui sia il grado di ricchezza (o povertà) di un Paese a determinare lo stato di salute delle persone. Questo in parte è vero. Ma un aspetto di cui non si tiene mai conto è che la salute di una persona è di per sé uno strumento di reddito. Nei Paesi sud-sahariani se il padre di famiglia, che possiede due mucche e poco altro, si ammala e non ha la possibilità di pagare le cure sanitarie (che in quei Paesi non sono gratuite), saranno i figli a doversi occupare dell’economia di casa, lasciando la scuola e non tornandoci più se il padre non guarisce. Si innesca così un processo di impoverimento progressivo. In Italia ovviamente non siamo a questo livello, però cominciano a emergere situazioni di povertà e malattia che ricalcano esattamente questa “trappola”.

Per esempio famiglie in cui ci siano malati cronici non autosufficienti?
Sì. In questi casi, se non interviene il servizio sanitario, l’intera famiglia si impoverisce, l’impoverimento fa sì che non si possano avere le prestazioni necessarie, questo genera ulteriore impoverimento e così via.

Secondo Lei la classe medica, con la mobilitazione in corso, ha qualche possibilità in più di essere ascoltata rispetto al passato?
Sì perché c’è una differenza fondamentale: tutti i medici sono uniti. Non è la prima volta che si conducono battaglie comuni, ma mai si è verificato con tale forza e decisione. Il fatto poi che la FNOMCeO si sia posta in prima linea, assumendo il ruolo di regia, è molto significativo. Non si tratta soltanto di difendere la professione, ma la possibilità di lavorare in modo etico. Questi sono i fattori che, rispetto al passato, faranno la differenza.

Comunicato. Mobilitazione: l’impegno continua

Una grande manifestazione nazionale a ROMA, sabato 28 novembre alle ore 14, medici e cittadini insieme, per ribadire i NO e i a sostegno del Servizio Sanitario Nazionale: è questo il nuovo impegno della Fnomceo e dei Sindacati medici e odontoiatrici, assunto a pochi giorni dalla conclusione degli “Stati Generali della Professione Medica e Odontoiatrica”. Di seguito, le loro motivazioni.

“Gli Stati Generali del 21 ottobre hanno registrato una compatta partecipazione e un lusinghiero successo, rafforzando in tutte le componenti l’orgoglio di appartenenza a una professione secolare, gloriosa, dalla grande connotazione sociale a fianco delle persone malate e sane.

La battaglia contro l’imperante tecnocrazia ed il pervasivo ed ottuso potere burocratico centrale e regionale è appena iniziata. L’impegno ora continua con una grande manifestazione nazionale a ROMA, nel pomeriggio di sabato 28 novembre, per ribadire i nostri NO ed i nostri SI a sostegno del SSN.

E al nostro fianco invitiamo tutti i cittadini attraverso le associazioni di volontariato e di difesa dei diritti per far sentire chiaro, alto e forte il NO deciso ad ogni forma di sottofinanziamento del SSN che porta inevitabilmente al razionamento delle risorse utili a rispondere ai bisogni di salute delle persone.

La sanità non è un costo ma un investimento: un paese più sano è un paese più ricco e nelle condizioni di creare maggiore ricchezza.

I soldi che vengono tagliati alla sanità vanno a coprire le esigenze clientelari di una politica affaristica e  di sacche di corruzione e malaffare che ogni giorno evidenziano la loro faccia peggiore e la loro pervasività.

Rifiutiamo la svalorizzazione del nostro ruolo professionale, che mortifica il nostro impegno quotidiano; denunciamo l’imbarbarimento delle condizioni di lavoro che toglie serenità alla relazione di cura nella tutela del diritto alla salute di ogni cittadino.

I cittadini devono sapere che, mentre il governo taglia le tasse sulla casa, lesina risorse per curarli e riduce l’operatività e l’efficienza delle strutture sanitarie.

Chiediamo al Ministro della Salute un intervento forte e deciso che, al di là delle enunciazioni generiche, porti in primo piano, ai massimi livelli decisionali delle Istituzioni, la questione SALUTE del nostro paese.

La Salute è un bene fondamentale primario che va difeso e valorizzato:mai, e per nessuna ragione, può essere oggetto di scambio”.

Stati Generali della Medicina: i medici rivendicano il diritto di curare

I medici italiani sono uniti e hanno tutti lo stesso obiettivo: poter continuare a fare i medici. Per tutti i cittadini, in tutte le regioni. Questo, in estrema sintesi, è il senso degli interventi che hanno informato gli Stati generali della professione, convocati FNOMCeO il 21 ottobre a Roma.

Un senso che sostanzia gli slogan di protesta a presentazione dell’evento (“Una sanità a pezzi, con meno diritti, più disuguaglianze”, “Regione che vai, sanità che trovi…”) e che configura la mobilitazione medica come estremo tentativo di salvaguardare, insieme alla professione, un sistema sanitario sempre più asservito a esigenze estranee alla cura (economiche, amministrative, burocratiche). E perciò sempre meno praticabile per i medici, sempre meno accessibile ai cittadini.

Nell’introduzione ai lavori Chersevani, di fronte ai professionisti, rappresentanti sindacali e società scientifiche che hanno riempito l’auditorium dello Spazio Roma Eventi – Fontana di Trevi, ha messo subito a fuoco le ragioni per cui è indispensabile fare quadrato: a rischio sono la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale e l’universalità del diritto alla cura.

Numerosi e articolati gli interventi che hanno illustrato nel dettaglio le criticità: carico crescente di obblighi amministrativi, imposizione di provvedimenti che entrano nel merito della pratica medica senza averne cognizione di causa, assoggettamento alla minaccia di sanzioni, e poi mancato riconoscimento delle professioni sanitarie, assenza di programmazione, tagli orizzontali. Tutte misure che, con il tempo, hanno mortificato il ruolo del medico e la capacità di “leadership funzionale” indispensabile al corretto svolgimento delle sue funzioni. Nonché l’alleanza medico-paziente, nonostante la centralità fondante ribadita dallo stesso codice deontologico.

Altro tema caldo è la Riforma del Titolo V: approvato nel 2001 con lo scopo di adeguare le decisioni centrali alle realtà dei singoli territori, al provvedimento sono imputate l’incertezza normativa nel rapporto tra Stato e Regioni e, a corollario, la crescita incontrollata delle diseguaglianze di servizio. Da cui prestazioni a macchia di leopardo, con larghe sacche di inadempienza anche sul fronte dei livelli essenziali di assistenza. La riforma in atto lascia intravedere spiragli di miglioramento, ma la strada per recuperare equilibrio appare impraticabile senza una volontà politica forte di programmazione e controllo.

Ed è proprio agli interlocutori politici che si chiede ascolto. Un’apertura in questo senso è arrivato dalle parole della senatrice Emilia Grazia De Biasi (PD), presidente della Commissione Igiene e Sanità, che ha accolto nel merito i principali motivi di protesta, e anche da Andrea Mandelli (FI), membro della Commissione Bilancio e già Presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti. Ora si aspettano i fatti.

In conclusione di giornata, raccolti anche i contributi dei sindacati, è stato presentato un documento riassuntivo: un elenco di “NO” alle politiche lesive della professione e altrettanti “SÌ” alla volontà di andare avanti con proposte operative (leggi). È solo un punto di partenza per continuare il dialogo, che per la prima volta unisce tutti.

Nel frattempo la mobilitazione continua: il prossimo passo sarà una fiaccolata, prevista per il 28 novembre a Roma, mentre a dicembre si ipotizza uno sciopero  (tutti gli aggiornamenti sugli Stati generali della professione si possono seguire sul portale FNOMCeO (leggi),su Twitter all’hashtag #iomimobilitoetu), e su questa piattaforma dedicata.